Luca Cucchietti è un vero amante dello sport. Fin da bambino convive con un’importante disabilità che non gli ha impedito di vivere esperienze estreme. Un ragazzo solare, simpatico, dalla grande empatia, capace di circondarsi di amici che gli vogliono bene disposti ad accompagnarlo in quelle che lui stesso definisce “pazzie”. Ci incontriamo a Montemale, il suo paese, nei pressi del castello.
Ciao Luca, iniziamo con l’”elefante nella stanza”: da cosa deriva e in cosa consiste la tua disabilità?
Sono tetraplegico, muovo con grande difficoltà la parte bassa delle gambe, dalle ginocchia in giù, e delle braccia, dai gomiti in poi. Non ho mai voluto indagare, pare sia dovuto a un virus che presi all’età di 4-5 anni e che intaccò il sistema nervoso.

Luca Cucchietti dal punto panoramico dei Tre pini di Montemale. Il pannello panoramico è stato realizzato da lui. © Valerio Dutto
Non pensi mai a come avrebbe potuto essere diversa la tua vita?
Non posso andare sul Monviso, ma ormai ci convivo. Cerco sempre di trovare l’escamotage: sono testardo e cerco di fare tutto o quasi. Ho una cerchia di amici che asseconda le mie pazzie, sempre nei limiti. «È un po’ rischioso», mi dicono. «Proviamoci», gli rispondo. La responsabilità me la prendo io. Provo a vivere una vita piena.
Quando ero piccolo e leggero i muscoli reggevano: fino alle scuole medie riuscivo a camminare, giocavo anche a calcetto stando in porta. Poi mi feci male alle ginocchia e decisi di prendere la carrozzina.

Nei pressi del castello di Montemale © Valerio Dutto
Elettrica?
La carrozzina è manuale, poi all’occorrenza attacco un propulsore elettrico anteriore. Una soluzione recente, con una comoda levetta che mi permette di separarla dalla carrozzina. Prima ne avevo un altro tipo: viaggiavo, ma non come ora, mi ha reso completamente autonomo. Salite, discese, sessanta chilometri di autonomia in piano, è sufficiente caricarla una volta a settimana.

Con il propulsore elettrico Luca riesce anche a percorrere sentieri © Valerio Dutto
La tua passione è la bici…
In bici mi faccio il mazzo, in un anno arrivo a fare seimila chilometri in handbike. All’inizio ero molto scientifico, cercavo sempre di migliorare: registravo con il GPS, caricavo tutto su Strava e le statistiche erano diventate una schiavitù. Adesso sono meno competitivo, tranne l’ultima domenica di giugno.
Parli della Fausto Coppi?
Faccio la mediofondo [111 km per 2.500 metri di dislivello, ndr]. È una competizione contro me stesso. Inizio ad allenarmi a gennaio e fino a giugno tutto gira intorno a quello.
La prima volta la improvvisai e la conclusi in sette ore. Quest’anno, grazie all’allenamento, alla palestra e all’alimentazione il mio tempo è sceso a poco più di cinque ore.
Negli anni l’hanno fatta con me molti amici che durante la salita mi aprono la strada, ma lo zoccolo duro sono Carlo Arnaudo e Enrico «Speedy» Barale. Da Campomolino in poi prendo il ritmo e supero tanta gente: quelli forti chiaramente volano, ma passo quelli che la improvvisano o non hanno tanti chilometri nelle gambe.

Luca e gli amici alla Fausto Coppi © Sara Tomatis
Perché hai deciso di metterti alla prova su una gara dura come la Fausto Coppi?
Credo fosse l’estate 2017: facemmo l’Alta via del sale in un giorno, da Limone a Ventimiglia. Arrivati al passo del Tanarello sbagliammo strada e imboccammo un single track, che per me è off limits. Per rimediare ci toccò fare un giro lunghissimo, con il vincolo del treno prenotato per il rientro alle 19 a Ventimiglia. Eravamo preoccupati: sullo sterrato sono un chiodo. Per fortuna su asfalto vado: il mio record personale in discesa è di 78 km/h. Arrivato a Ventimiglia pensai: “ho fatto l’Alta via del sale in giornata, vuoi non fare la Fausto Coppi?”.
Che bici utilizzi?
Una handbike che pesa 40 kg. L’avevo presa per fare sterrati, ha il telaio massiccio, per questo gli ho messo una leggera assistenza. Ne ho anche un’altra, più piccola e stretta, con telaio minimale e ruote da gara. Pesa solo 16 kg e la uso per fare le maratone.

L’handbike di Luca © Valerio Dutto

Non avevo mai visto una handbike sui rulli © Valerio Dutto
Dove si compra una handbike?
Le ho fatte costruire su misura da Handbike Garage di Attilio Villani, un brillantissimo artigiano di Varese, anche lui sulla sedia a rotelle. Ma ci sono altri produttori come Maddiline di Verona o Ottobock.
Sono ancorato alle pedivelle con dei guantini speciali, comando il freno con il gomito e cambio con il mento.

Il cambio della handbike che Luca manovra con il mento © Valerio Dutto
Il problema è che la trazione è anteriore, mentre il peso rimane sul posteriore, quindi sulle rampe ripide c’è sempre il rischio che slitti. La curva della cappella di san Bernardo da Mentone a Chiappi devo prenderla larghissima, è davvero tosta.
Qualche anno fa salendo al colle d’Esischie da Marmora in una curva ripidissima persi aderenza. Pensai di tornare qualche metro indietro per riprendere slancio. Il freno mi scappò, presi velocità, sterzai per evitare di finire giù dalla riva e mi ribaltai. Rimasi così una ventina di minuti, poi per fortuna un pastore mi aiutò a raddrizzarmi. Salito al colle Fauniera, prima di iniziare la discesa, mi accorsi che cadendo avevo rotto il freno. Pensa se fossi partito in quelle condizioni. Da quel giorno faccio sempre il giro al contrario: salgo dalla valle Grana e scendo verso Marmora.
Non è pericoloso percorrere in handbike strade strette e trafficate?
Cerco di tenere bene la destra e confido nel buon senso. Con l’abitudine non bado più alle macchine e ai camion che mi sfrecciano accanto.
Qualche anno fa un’auto mi sorpassò sul ponte nuovo di Cuneo. Il signore che la guidava, uno dell’ambiente sportivo per disabili, scese e mi spiegò che sarebbe stato bene mettere una bandierina di sicurezza per rendermi più visibile. L’ho apprezzato e l’ho fatto.
Nel 2020 hai accompagnato Davide Rivero sul durissimo colle Fauniera mentre lui pedalava al contrario.
Un giorno vidi sbucare dalla curva di Montemale un ragazzo che pedalava al contrario seduto sul manubrio. Pensai: “Ma cosa sta facendo questo qua? È più matto di me”. Non lo conoscevo, mi incuriosì. Chiacchierammo, mi spiegò cosa aveva in mente, una raccolta fondi per Amico Sport, e mi propose di accompagnarlo.
Organizzammo per un sabato di settembre 2020, Davide arrivò sul Fauniera seduto sul manubrio, girato al contrario, senza mai mettere piede per terra.
Lo scorso anno invece hai attraversato il Liechtenstein sulla carrozzina…
Il Liechtenstein è lungo “solo” una trentina di chilometri e ha una bellissima ciclabile, per questo con Marco Bolmida che mi ha accompagnato a piedi lo abbiamo percorso da nord a sud. Ci sono volute sei ore ininterrotte di spinta.
Non sarai andato sul Monviso, ma su un tremila sì…
L’idea nacque dopo una birra di troppo: «voglio fare un tremila». Cercammo quello con meno dislivello e la scelta cadde sul Pan di Zucchero in valle Varaita. Un amico ci prestò una joëlette artigianale, una di quelle carrozzine fatto apposta per andare in montagna.
Il 21 agosto 2016, una giornata spaziale, partimmo dal colle dell’Agnello. Eravamo una bella squadra, quattordici persone che si davano il cambio per trainarmi. C’era anche Massimo «Macio» Dalmasso, purtroppo scomparso due anni dopo durante una gita di scialpinismo.
L’ultimo tratto è tutto un lastrone, quando siamo arrivati in cima a 3.200 metri qualcuno voleva chiamare l’elicottero. Scendere è stata un’odissea, sbagliammo strada, vidi il panico negli occhi degli amici che si chiedevano «e ora?». Non mi preoccupai: è stato bello, come tutte le pazzie che sono contento di aver fatto. Chissà se ne rifaremo un altro.

Luca mi mostra la foto di tutto il gruppo sulla cima del Pan di Zucchero © Valerio Dutto
Adesso hai una joëlette…
Tre anni fa gli amici fecero una raccolta fondi per il mio compleanno e me la regalarono. È un modello valido, si può modificare l’angolo delle appendici in base alla pendenza e monta i freni a disco. L’avessimo avuta sul Pan di Zucchero! Con i freni a pattino scendere è stato un calvario.
Quando mi metto in testa qualcosa vado a cercare le persone che assecondano la mia pazzia. Come quella volta che volevo a tutti i costi andare in canoa. Mi parlarono di Mattia Ambrogio di Valle Stura Outdoor. Ha una canoa biposto, prima di partire gli ricordai scherzando che se ci fossimo ribaltati avrei avuto un’autonomia di cinquanta secondi. Partimmo da Moiola e scendemmo lungo lo Stura, una figata.
Terra, acqua. E aria?
Mi sono lanciato più volte con il parapendio biposto grazie alla Flyexpression di Danilo e Giorgio. Siamo decollati dalla cima Varengo di Montemale, da Villar San Costanzo, da Pontechianale. Mi rilassa, mi culla.
Discorso diverso il paracadutismo. Nel 2016 mi lanciai da 4.400 metri, sopra Cumiana. Lo presi sottogamba. Ero in maniche corte, a terra faceva caldo. Mi consigliarono di mettere una maglia, ma io testardo non lo feci.
L’istruttore legò le mie braccia e gambe alle sue. Quando ci lanciammo si gelava. Facemmo 4.000 metri di dislivello in poco più di un minuto. Ricordo ancora la botta alle spalle quando aprì il paracadute. Ero terrorizzato dall’atterraggio, l’istruttore invece fu bravissimo, atterrai letteralmente sopra di lui. Non so se lo rifarei, ma nel caso mi porterei una giacchetta.
Nel frattempo Luca mi ha portato a casa così da mostrarmi l’auto, l’handbike e le tante soluzioni domotiche che ha adottato per muoversi agilmente.
Come fai a guidare?
Ho un’auto attrezzata. Con un telecomando apro il portellone posteriore, l’auto si abbassa e una pedana mi permette di salire. I sedili posteriori si piegano a soffietto. Mi aggancio a una piastra e guido con una monoleva: tirandola accelera e spingendola si attiva il freno. Le frecce sono nei poggiatesta.
Dove si compra un’auto di questo tipo?
Va allestita su misura. C’è un’azienda, la Kivi di Asti, che adatta alcuni modelli di auto commerciali in base al grado di disabilità.
Suppongo che fino a qualche anno fa soluzioni di questo tipo non esistessero…
Per carità, erano impensabili. Quando presi la patente non esisteva nulla di tutto ciò. Chissà che chicche usciranno nei prossimi anni.
La casa è tappezzata di foto magnifiche scattate da Luca. Si vede che ha un occhio allenato, sicuramente affinato dal lavoro come grafico nel team marketing della Merlo. È possibile vedere le sue stampe sui sentieri di Montemale, ma anche al rifugio Fauniera.

La casa è tappezzata di foto magnifiche scattate da Luca © Valerio Dutto
Sei appassionato di fotografia…
Dopo anni di fotografia paesaggistica mi sto avvicinando alla fotografia sportiva. Daniele Molineris è il “sensei” per eccellenza. Mi piace prendere spunto da lui e altri fotografi come Daniele Boffelli, anche lui bravissimo.
Lo scorso anno ho fotografato la rampignado, il Maira Occitan Trail, il Curnis Auta Trail. Mi piace utilizzare lo storytelling per raccontare la corsa, contestualizzare, usare i grandangoli. Quest’anno vorrei andare all’Ultra-Trail du Mont-Blanc, logicamente senza arrampicarmi sui bricchi, ma scattando nei ristori e al traguardo, dormendo in macchina.
Che fotocamera utilizzi?
Ne ho due: la Canon R5, che mi sono regalato per i quarant’anni, e la R6. Come obiettivi ho tutto quello che serve: un grandangolo, il 24-70 F2.8 e il 70-200 F2.8. Smanetto, compro di seconda mano, magari vendo due obiettivi per comprarne uno.
Come fai a gestire macchine fotografiche così grandi e pesanti?
Tengo in mano la fotocamera e scatto con il telecomando a cavetto, che comando con la bocca. È un trucco che ho imparato con il tempo: prima usavo il telecomando a infrarossi, ma questo è molto meglio, non deve essere direzionato.
In casa hai foto di località remote. Sei appassionato di viaggi?
Mi piacciono molto. Quest’anno sono andato a New York, con la scusa di vedere le partite dell’NBA, poi Amsterdam e Andalusia in Spagna.
Nel 2019, appena prima della pandemia, facemmo un grande viaggio negli USA in camper. Attraversammo una decina di stati tra cui Utah, Colorado, Nuovo Messico, Montana, Idaho, Wyoming e altri che non ricordo. In un mese percorremmo quasi settemila chilometri. Eravamo in sette in un camper enorme per gli standard europei, anche se ce n’erano di grandi il doppio. Salivo e scendevo grazie a due amici che mi afferravano dalle gambe e dalle ascelle. Un’esperienza fantastica.

Stampe del viaggio negli USA © Valerio Dutto
Come riesci a viaggiare con la carrozzina?
Una volta mi agitavo, ora so come muovermi e cerco di prevenire le problematiche. Prima di volare consegno tutti i documenti, in italiano e inglese, per imbarcare la carrozzina. Devo essere persuasivo perché il problema è la batteria: essendo la cabina pressurizzata hanno sempre il timore che esploda.
Intanto ci spostiamo alla bella trattoria di Montemale per bere qualcosa di fresco.

Luca alla trattoria del Castello di Montemale © Valerio Dutto
Hai altre passioni?
Le api: ho 23 famiglie, metà a Cavalligi che producono miele di castagno, metà a Elva, a 1.800 m tra rododendri e fiori di campo che producono un favoloso millefiori di montagna.
Da maggio all’estate vado una volta a settimana. Controllo che sia tutto a posto, che non subentri una nuova regina e inizino a sciamare, o patiscano la fame. Lo scorso maggio il meteo è stato pessimo, non potevano uscire a raccogliere. Dovevo portargli da mangiare un liquido che immagazzinano nel nido, una sostanza viscosa zuccherina che gli somministro attraverso un nutritore, una specie di padella con il buco che metto sotto al tetto.
Adesso stiamo smielando, ossia estraendo il miele dai favi. Mi aiutano mia madre, mio cognato e alcuni amici. Poi le prepariamo per l’inverno. Con il freddo vanno in glomere: non escono, non sciamano, si muovono pochissimo, al rallentatore. Le nutro con un caramellone che si chiama candito.
Che progetti hai per il futuro?
A ottobre con Davide Rivero, Claudio Garelli e forse altri amici farò il cammino di Santiago completo in bici, dalla Francia a Finisterre. Sarà una bella avventura, non ho mai fatto un viaggio del genere, in bicicletta per così tanto tempo.
Hai qualche consiglio da dare a chi è nella tua condizione?
Uscire, provare, non aver paura. Non dico che ci sia sempre una soluzione, ma con una buona schiera d’amici e qualche escamotage si possono fare cose interessanti. Come dico sempre: «testa dura e prefissarsi degli obiettivi».

Il motto di Luca è: “Testa dura e prefissarsi degli obiettivi” © Valerio Dutto
Ringrazio Luca per il tempo che ci ha dedicato. Ringrazio anche i nostri supporter: le Cuneotrekking stories esistono solo grazie a voi!