Seguiamo in direzione di Garessio la stradina inerbita che, in leggera discesa, si tiene a poca distanza dalla provinciale.

Sulla stradina inerbita a poca distanza dalla provinciale © Valerio Dutto
Più in basso, quando la sterrata confluisce sulla strada, un cancello sembra sbarrare l’accesso. In realtà basta passare alla sua destra (tacche bianco/rosse) seguendo la carrozzabile inizialmente asfaltata che affianca l’ormai dismessa baita dei Castori.
Appena oltre il fondo diventa sterrato e la stradina prosegue in un bosco misto. Dopo un centinaio di metri teniamo la destra salendo con decisione nella faggeta.
Giunti a un secondo bivio teniamo la sinistra e proseguiamo in leggera discesa. Poco dopo, quando la sterrata riprende a salire, la abbandoniamo per un piacevole sentierino che si stacca a sinistra (1.510 m circa).

Sul sentierino © Valerio Dutto
Proseguiamo nel fitto bosco prima in leggera discesa e successivamente per un buon tratto in falsopiano, poi improvvisamente il bosco termina e si aprono interessanti visuali sul vallone che da Garessio risale alla colla di Casotto.
Aggirato un costone il sentiero piega verso ovest e scende infilandosi nuovamente in una faggeta. Poco oltre affianchiamo una bella baita e alcune case in pietra con il caratteristico tetto “racchiuso”, tipico di queste zone.
Ignorando ogni deviazione proseguiamo verso ovest. Il bosco termina e il sentiero taglia le pendici erbose del monte Berlino. Verso sud-ovest si aprono ottime viste sull’Antoroto e il monte Grosso, nostre prossime mete.

L’Antoroto (al centro) e il monte Grosso (a destra) © Valerio Dutto
Affianchiamo un rudere e puntiamo verso lo sgraziato rifugio Savona (1.588 m), non gestito, posto in compenso in una bella zona aperta e panoramica.

Arrivo al rifugio Savona © Valerio Dutto
Appena prima di raggiungerlo ignoriamo una deviazione verso la colla Bassa. Alle spalle del rifugio imbocchiamo un sentierino erboso che procede ancora verso ovest. Il sentiero, a tratti un po’ smosso e scavato, si tiene sul margine superiore di una faggeta. Quando questa termina si perde un po’ tra le tracce del bestiame.

Tra la foschia si intravede il monte Galero © Valerio Dutto
Attraversato un pascolo, a tratti acquitrinoso, il sentiero riappare, supera il rio dei Fusi e inverte direzione puntando verso sud. Risaliamo tra bassa vegetazione un po’ invadente, superiamo un costone e poi compiamo un traverso arrivando al passo della Capretta (1.745 m).
Dalla parte opposta scendiamo un tratto piuttosto ripido perdendo qualche decina di metri.

Discesa dal passo della Capretta © Elio Dutto
Poi riprendiamo a salire compiendo un lungo e a tratti malagevole traverso ai piedi delle rocce che fasciano la base del monte Grosso. Molto più avanti superiamo una zona con grandi massi e perdendo un po’ di quota ci immettiamo sul sentiero che sale da Valdinferno. Svoltiamo verso destra e in breve arriviamo alla colla Bassa (1.851 m), dove ci affacciamo su un vallone laterale della valle Casotto in cui è ben visibile la capanna sociale Manolino.

Arrivo alla colla Bassa. Al centro è visibile la capanna sociale Manolino (foto scattata a luglio 2016) © Elio Dutto
Deviamo a sinistra risalendo con pazienza il ripidissimo sentiero che tra bassa e invadente vegetazione procede verso l’Antoroto.

Il tratto da risalire (foto scattata a luglio 2016) © Elio Dutto
In prossimità di un colletto (palina) il percorso si addolcisce. Svoltiamo verso sinistra risalento la dorsale e dopo una breve e panoramica cresta arriviamo sulla vetta del monte Antoroto (2.149 m), sormontata da una croce in metallo.

Arrivo sul monte Antoroto (foto scattata a luglio 2016) © Elio Dutto
Appena oltre, un po’ nascosto, si trova un altarino dedicato alla madonna. Nelle giornate limpide il panorama lascia letteralmente senza parole e spazia dal mare di Albenga al lontanissimo monte Rosa abbracciando le principali cime delle Alpi Liguri.

Croce di vetta (foto scattata a luglio 2016) © Elio Dutto

Zoom su Ormea, 1.400 metri più in basso (foto scattata a luglio 2016) © Elio Dutto

Dal Pizzo d’Ormea (a sinistra) al Mongioie (a destra) © Elio Dutto

Zoom sul mare di Albenga (foto scattata a luglio 2016) © Elio Dutto
Non ci fermiamo molto perché pur avendo toccato il punto più alto le salite non sono terminate.
Torniamo sui nostri passi alla colla Bassa, poi riprendiamo a salire dalla parte opposta sul ripidissimo versante erboso.

L’Antoroto visto salendo al monte Grosso (foto scattata a luglio 2016) © Elio Dutto
Il sentiero, appena accennato, ci conduce sul monte Grosso (2.008 m), sormontato da un semplice cippo di pietre. Anche qui, alle sue spalle, si trova un altarino dedicato alla madonna.
Scesi a una selletta risaliamo sulla vicina anticima, puntellata da decine di “ciaperet”.

L’anticima puntellata di ciaperet. Sullo sfondo Cervino e monte Rosa (foto scattata a luglio 2016) © Elio Dutto
Proseguiamo dalla parte opposta in dolce discesa tra bassi arbusti, piante di mirtilli e rododendri giungendo in breve all’arrivo di uno skilift.
Ci troviamo nel comprensorio di Garessio 2000, una stazione sciistica dalla storia travagliata. La sua nascita risale agli anni sessanta, in pieno boom economico, quando un imprenditore decise di costruire degli impianti a meno di due ore da Genova. La posizione non fu scelta in modo casuale: l’esposizione a nord dei tracciati e la vicinanza con il mar Ligure influiscono positivamente sulle condizioni atmosferiche proteggendo la zona da improvvise variazioni climatiche. Fin dall’inizio si susseguirono però battaglie legali e fallimenti che ancora oggi purtroppo lasciano scheletri di strutture incompiute, ormai in condizioni di parziale degrado e abbandono.
Seguiamo per poche decine di metri verso sinistra la sterrata di servizio degli impianti per poi imboccare a destra un nuovo sentiero (tacche bianco/rosse e paletti conficcati nel terreno) che si tiene appena sotto le modeste cime Praietto (1.943 m), Mussiglione (1.945 m), e Mezzodì (1.932 m), dove finalmente ci fermiamo a pranzare.
Da qui per circa seicento metri manca un vero e proprio sentiero, ma seguiamo la traccia ben segnalata con tacche bianco/rosse che scende ripida facendosi largo tra rododendri e bassa vegetazione recentemente tagliata.

In discesa dal bric Mezzodì © Valerio Dutto
Giunti sul sentiero che arriva dall’Alpe di Perabruna svoltiamo verso destra infilandoci in una bella pineta che poi diventa bosco misto e successivamente fittissima faggeta. In breve arriviamo al gias del Roccassone (1.542 m), punto di partenza dello skilift toccato in precedenza.
Da questo punto il percorso si fa meno interessante. Seguiamo in discesa verso sinistra la sterrata di servizio alle piste che nella parte alta è stata recentemente ripristinata. Tuttavia più in basso, a causa delle devastazioni della tempesta Alex dell’ottobre 2020, improvvisamente peggiora. Un paio di tornanti sono collassati, ma riusciamo a superarli senza particolari problemi, fino a quando più in basso la strada sparisce improvvisamente nel vuoto.

Un tornante collassato per la tempesta Alex dell’ottobre 2020 © Valerio Dutto
Scendiamo alla meglio su una sterrata che intravediamo qualche decina di metri più in basso, dove le difficoltà terminano. Svoltiamo a destra e dopo un paio di chilometri torniamo alla colla di Casotto dove chiudiamo l’anello.
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